All’apparenza, oggi sembra impossibile immaginare una Vespa Primavera che non piaccia. Elegante, compatta, amata da generazioni di giovani (e non solo), è uno dei modelli più iconici mai prodotti da Piaggio. Eppure, pochi sanno che il suo esordio fu tutt’altro che trionfale. Dietro al successo clamoroso degli anni ’70 e ’80 si nasconde una partenza incerta, fatta di scelte tecniche innovative ma poco premiate dal mercato.
Questa è la storia di un piccolo grande scooter che ha saputo riscattarsi e diventare leggenda. Scopriamo insieme com’è andata.
Tutto comincia nel 1965, quando Piaggio presenta al Salone di Milano la Nuova 125, pensata per sostituire i vecchi modelli 125 con ruote da 8 pollici. Era una Vespa rivoluzionaria per l’epoca: scocca più compatta, cerchi da 10”, freni autoventilanti e un motore completamente riprogettato. Ma qualcosa non funzionò. Le vendite furono deludenti: appena 17.099 esemplari in due anni. Il motore, pur innovativo, offriva prestazioni contenute (4,8 CV), mentre la struttura sacrificava il comfort, soprattutto per il passeggero. E forse anche Piaggio stessa non ci credeva davvero fino in fondo: il modello non fu spinto con forza. Il flop era servito.
Due anni dopo, al Salone di Milano del 1967, arriva la svolta. Piaggio presenta la Vespa Primavera: evoluzione diretta della Nuova 125, ma finalmente pronta a conquistare il pubblico. Le modifiche furono numerose ma intelligenti: più spazio per gambe e passeggeri, un utile cassettino con serratura sulla fiancata sinistra, e una potenza aumentata a 5,5 CV, con una velocità massima di 90 km/h. A fare la differenza fu anche il prezzo: 137.000 lire, decisamente competitivo rispetto ad altri modelli. Il suo look giovane, la guida scattante e l’immagine fresca ne fecero subito un simbolo tra i ragazzi, ma anche tra le ragazze, che apprezzavano la leggerezza e le dimensioni compatte.
Con la Primavera, Vespa divenne molto più di un semplice mezzo di trasporto: diventò un’icona di libertà. Era il 1968, l’epoca delle rivoluzioni giovanili, del cambiamento culturale e del bisogno di indipendenza. Piaggio seppe cavalcare perfettamente quell’onda con campagne pubblicitarie geniali: “Chi Vespa mangia le mele” è ancora oggi uno slogan intramontabile, simbolo di uno stile di vita fuori dagli schemi. Si andava a scuola, si facevano gite al mare, si viaggiava in due (o anche in tre) carichi di sogni e bagagli. E nel 1976 arrivò la Primavera ET3, ancora più potente e moderna, con accensione elettronica e cilindro a tre travasi, che contribuì a consolidare il mito.
Quella che era nata come un’idea sottovalutata è oggi un’icona senza tempo, ricercatissima dai collezionisti e amatissima da chi desidera uno scooter che unisca storia, stile e praticità. La Vespa Primavera non è solo un mezzo: è un pezzo di cultura italiana su due ruote. E il suo valore continua a salire, anche sul mercato delle moto d’epoca, dove può raggiungere quotazioni davvero interessanti.
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